INTRODUZIONE

Negli ultimi anni, si è notevolmente allargata la gamma degli strumenti di investimento a disposizione dei risparmiatori Tra questi, le gestioni patrimoniali in fondi multimanager (GPF MM) hanno avuto una diffusione particolarmente ampia. Esse hanno fatto breccia non solo nel “catalogo prodotti” di quegli intermediari finanziari che sono privi di un asset manager di riferimento (sia esso una  SGR di diritto italiano o una SICAV di diritto estero), ma anche di quelli dei grandi gruppi bancari, cui fanno capo una pluralità di asset manager.

Le GPF MM hanno rappresentato per molti intermediari finanziari non solo una importante alternativa ad altri servizi di risparmio gestito già distribuiti, ma anche un’arma determinante per superare la difficoltà che fondi comuni di investimento, SICAV e gestioni patrimoniali hanno dovuto affrontare, a partire dalla crisi del mercato azionario innescatasi nella primavera del 2000, e che ha generato una diffusa insoddisfazione in alcune fasce di clientela.

Quando, verso la fine degli anni ‘90, esse furono concepite, la situazione di molti risparmiatori si caratterizzava per:

  • Un notevole disorientamento per il forte calo dei tassi di interesse intervenuto nel periodo 1994-1998 e il conseguente ridimensionamento di rendimenti dei titoli di Stato.
  • La migrazione di molti di questi capitali su prodotti di risparmio gestito (fondi comuni, SICAV e gestioni patrimoniali) prevalentemente obbligazionari; tuttavia buona parte dei risparmiatori manteneva un orizzonte temporale ancora troppo legato al breve termine e aspettative di distribuzione di interessi periodici piuttosto che di rivalutazione del capitale.
  • Una  reazione eccessivamente emotiva al rialzo dei tassi di interesse nel periodo 1999-2000, che ha reso difficilmente accettabile, per quella stessa clientela, rendimenti negativi su  gestioni e fondi obbligazionari.
  • Una componente azionaria dei portafogli incrementata nella fase di rialzo tra ottobre 1999 e marzo 2000 e, quindi, successivamente soggetta a pesanti svalutazioni, che seguivano quelle subite l’anno precedente sugli investimenti obbligazionari a medio-lungo termine.

Nell’ambito dell’intera gamma dei servizi di investimento offerti alla clientela, le GPF MM possono rappresentare un efficace bilanciamento tra esigenze molto differenti:

  • la rispondenza delle singole linee di investimento al profilo rischio/rendimento di ogni classe di clientela;
  • la chiara percezione da parte del cliente dell’ampia diversificazione offerta dalle GPF MM, come elemento di riduzione del rischio;
  • la redditività del servizio per il conto economico dell’intermediario;
  • un efficiente utilizzo delle risorse umane e tecniche, più focalizzate nell’affinamento delle metodologie per la formulazione delle scelte di investimento piuttosto che nelle tecniche e negli strumenti finalizzati al controllo delle scelte di investimento effettuate da gestori delegati;
  • lo sviluppo di importanti relazioni commerciali con asset manager aventi caratteristiche estremamente differenziate.

Rispetto alle tradizionali GPF “monomanager”, le GPF MM consentono di disporre di alternative pronte quando uno o più fondi di uno specifico comparto evidenziano performance insoddisfacenti rispetto ai concorrenti ovvero permettono di investire in segmenti di mercato nei quali non sono presenti fondi specializzati del gestore “unico”.

Tali valutazioni hanno trovato una autorevole conferma, anche sotto il profilo analitico, grazie ad uno studio pubblicato nell’aprile 2001[1] dalla Commissione Nazionale sulle Società e la Borsa (CONSOB) nell’ambito dei Quaderni di Finanza. Tale studio è pervenuto alla conclusione che “la rinuncia ad eventuali possibilità di diversificazione causata dall’uso dei soli fondi della casa (NdR: unico gestore) porta, in media, a perdite in termini di rendimento atteso dell’ordine di grandezza di 10 punti percentuali su base annua”.

 

IL DECALOGO

In generale la composizione dei portafogli di fondi si basa su fattori di valutazione di tipo quantitativo e di tipo qualitativo. Gli studi su questo tema operano la medesima distinzione, anche se essa non è sempre così netta.  Tuttavia, in questa sede, si intende proporre una chiave di lettura diversa,affrontando il tema per “argomenti”, nei quali, come si vedrà, emerge una forte correlazione tra analisi quantitativa e qualitativa. Si tratta di una serie di rules of thumb (regole del pollice) che consentono di approssimare processi di investimento più complessi e basati su più sofisticati supporti analitici, privilegiando l’efficacia rispetto all’analiticità,.

Le considerazioni che seguono non si riferiscono esclusivamente al processo di asset allocation e fund picking, ma considerano anche, come fattore determinante per il successo del servizio, le interrelazioni con la strategia commerciale della Banca.

 

Regola nr. 1: PARTIRE DALLA CLIENTELA, NON DALL’ASSET ALLOCATION

Individuazione della propensione al rischio del cliente

E’ opportuno che il lancio delle GPF MM sia accompagnato dalla definizione di un nuovo approccio alla consulenza per la clientela. Esse rappresentano non solo nuove linee di investimento, ma gli strumenti principali per enfatizzare, da una parte, l’importanza del concetto di “diversificazione” nel senso più ampio e, dall’altra, l’esigenza di abbinare agli obiettivi di investimento di ciascun cliente (sia in termini di propensione al rischio sia di orizzonte temporale) gli strumenti finanziari più adeguati.

L’approccio alla progettazione, realizzazione e gestione di linee GPF MM risulta perciò più efficace se viene fortemente coordinato con le più generali strategie della Banca in materia di gestione della relazione con la clientela. Da questo punto di vista, tra l’altro, i principi adottati in materia di definizione dei profili individuali rendimento/rischio possono essere i medesimi applicati anche per seguire la componente “amministrata” degli investimenti della clientela.

Non bisogna dimenticare che anche il miglior servizio, per aver successo, deve alla fine trovare degli acquirenti e deve successivamente rispettare le attese del cliente. Nello specifico, modelli finanziari quantitativamente efficienti sono anche efficaci se alla fine il servizio di gestione patrimoniale viene sottoscritto e mantenuto nel medio-lungo termine dal cliente.

Comprensione delle aspettative e della psicologia del piccolo/medio risparmiatore

Dopo aver correttamente impostato l’apertura del rapporto, diventa naturalmente importante mantenere le attese generate nel cliente.

E’ quindi particolarmente utile  pianificare incontri almeno trimestrali con  i clienti; alcuni di questi, particolarmente rappresentativi dell’intera clientela della Banca, spesso consentono una buona percezione delle aspettative del più generale universo della clientela .

Proprio per avere una costante sensibilità sulle aspettative che la clientela ha in merito ai suoi investimenti, è opportuno che tutti coloro che svolgono una funzione attiva nel processo decisionale della GPF MM abbiano costantemente anche una relazione di carattere commerciale con alcuni clienti e colloquino con loro anche su prodotti/servizi diversi dalle GPF MM.

In tal modo si cerca di evitare la “frattura” tra l’analista finanziario/gestore, fortemente legato all’andamento dei mercati, e il consulente commerciale, più sensibile agli “umori della clientela”.

Questo contribuisce a percepire in anticipo la propensione al rischio del più generale universo della clientela. Più precisamente, la percezione di una maggiore o minore propensione al rischio manifestata da molti e qualificati clienti, nel corso di periodici colloqui, rappresenta un’utile indicazione per il gestore nel formulare le scelte di investimento che riguarderanno l’intera clientela.

 

Regola nr. 2: PREFERENZA PER STRUMENTI FINANZIARI “PURI”

Il tradizionale approccio a linee di investimento “bilanciate” (con percentuali azionarie comprese tra il 10% e il 70%) ha dimostrato i suoi limiti: non tanto per le performance conseguite o la qualità intrinseca di questi prodotti, quanto per la difficoltà a far comprendere al cliente l’effetto che la dinamica delle singole asset class ha sul risultato complessivo della gestione. Di conseguenza si ritiene utile focalizzare la gestione su tre distinte linee “pure” cioè su linee i cui contenuti siano coincidenti con le suddette asset class: quello obbligazionario a breve in euro e a basso rischio (orizzonte temporale di 24 mesi, approssimazione della asset class “liquidità”), quello obbligazionario globale e medio termine (24-48 mesi) e quello azionario globale (oltre i 48 mesi). Qualora il risparmiatore desideri un investimento “bilanciato”, ciò è preferibile che avvenga non con una singola linea “bilanciata”, ma con l’apertura di più linee, ciascuna rappresentativa di un singolo comparto, con importi che rispecchino l’asset allocation desiderata dal cliente  e con una più chiara lettura delle performance dei differenti comparti.

Questo principio è stato applicato anche al processo di fund picking: non vengono utilizzati né fondi bilanciati, né flessibili, né per profilo di rischio né a capitale garantito; ciò per la maggiore complessità a seguire l’effettiva politica di investimento del fondo, a prescindere della qualità dello strumento, e a pervenire ad una corretta performance attribution.

 

Regola nr. 3: APPROCCIO PRUDENZIALE

E’ una regola aritmetica semplice ma fondamentale: se al termine di un anno si registra una performance negativa del 20% (da 100 a 80), per recuperarla nell’anno successivo la performance deve essere del 25% (da 80 a 100); e, comunque, dopo due anni il patrimonio è ancora al punto di partenza.

Quindi, da una parte, l’approccio agli investimenti privilegia la prudenza, intesa come preferenza per il contenimento della volatilità piuttosto che per la massimizzazione dei rendimenti; dall’altra su molti fondi con maggior profilo di rischio ci si pone un “rendimento obiettivo”. Un volta conseguito tale rendimento, si avvia una fase di consolidamento della performance positiva, a costo di pagare tale prudenza in termini di scostamento negativo delle performance rispetto al benchmark nei periodi successivi.

Un esempio di questo tipo riguarda l’esposizione verso le obbligazioni dei paesi emergenti ed high yield. Alla fine del 2003 il comparto delle obbligazioni dei paesi emergenti registrava un rendimento annuale negli ultimi 36 mesi pari al 5,67% e, negli ultimi 12 mesi, del 15,7%. Anche senza scomodare serie storiche ultradecennali, un ragionamento molto concreto avrebbe suggerito che certe performance sono difficilmente sostenibili nel lungo termine sul mercato obbligazionario e, quindi, a partire dal mese di dicembre 2003, si sarebbe potuto avviare un processo di graduale riduzione dell’esposizione su questi mercati.

Ciò anche in relazione ad un fattore aritmetico con importanti risvolti psicologici: sui rendiconti trimestrali delle gestioni di portafoglio viene evidenziata la performance da inizio anno e la prima tentazione di un cliente è di trasporre tale performance su base annua. Tale esercizio, svolto sui rendiconti al 31 marzo, porta ad amplificare sia i risultati positivi sia quelli negativi e, quindi, nel caso di performance positive si genera l’aspettativa che un 2,5% trimestrale possa essere tradotto in 10% annuale, con attese quindi spropositate; mentre invece un –1,5% alla stessa data, risultato assolutamente normale per un singolo trimestre per gli investimenti obbligazionari, viene letto come –6,0% annuale, rendimento che genera scontento nella clientela orientata al reddito fisso.

Di conseguenza, nel primo trimestre di ogni anno si potrebbe adottare un approccio agli investimenti più prudenziale rispetto agli altri trimestri. Si tratta di considerazioni che poco hanno a che fare con i principi della finanza, ma anche larga parte della clientela (spesso anziana e facoltosa) ha poca dimestichezza con tali principi. Semplificare l’attività di commento dei rendiconti sia ai colleghi delle filiali sia alla clientela meno sofisticata rappresenta un ulteriore agevolazione alla diffusione delle GPF MM.

 

Regola nr. 4 ANALISI CRITICA DELLE PREVISIONI SUI MERCATI FINANZIARI

I gestori, nel formulare le loro scelte, si avvalgono, oltre che dei propri, degli studi e delle ricerche dei numerosi intermediari con cui sono in relazione e, quindi, svolgono un sistematico confronto non solo sulle differenti view prospettiche, ma anche:

  1. sulla capacità previsionale, cioè sulla misura in cui le previsioni formulate si avverano successivamente;
  2. sulla coerenza decisionale, cioè sulla misura in cui ciascun intermediario (in particolare gli asset manager) formula poi scelte di investimento in linea con le previsioni formulate.

Nel periodo 2000-2004 si è riscontrato che tale capacità previsionale è stata purtroppo debole e che la persistenza di scelte di investimento, eccessivamente legate a previsioni successivamente dimostratesi errate, ha comportato risultati fortemente penalizzanti per gli strumenti di risparmio gestito.

Si dovrebbe cercare perciò di formulare scelte di investimento che fossero:

  • basate su scenari macroeconomici e di mercato meno estremi di quelli solitamente formulati da analisti e ricercatori di altri intermediari;
  • generalmente ritardate rispetto all’affermarsi di una direzione dei vari mercati e, comunque, senza cercare di anticipare necessariamente queste direzioni; questo orientamento è agevolato quando, come si dirà in seguito, si è disponibili ad accettare  scostamenti rispetto al benchmark pur di evitare di cadere nella trappola dei frequenti “falsi segnali” dei vari mercati.

Tale impostazione, annunciata in anticipo alla rete commerciale e trasmessa quindi alla clientela, consente di ridurre la volatilità dei rendimenti delle GPF ed rende agevolmente accettabili, a fronte di questa minore volatilità, scostamenti negativi rispetto al benchmark.

 

Regola nr. 5 SELEZIONE DI UN LIMITATO NUMERO DI ELEMENTI DI VALUTAZIONE

La quantità e l’interrelazione dei fattori da considerare per le scelte di investimento viene in parte delegata, nel caso di GPF MM, agli asset manager dei fondi/SICAV utilizzati.

Di grande rilevanza diventa quindi la selezione degli asset manager: si è quindi ritenuto opportuno disporre di una pluralità di interlocutori sia nazionali sia esteri.

Questi ultimi, in particolare, sono stati prescelti anche in funzione  di nazionalità e di stili gestionali differenti e in quanto, tradizionalmente, offrono l’opportunità di investimenti più specifici, in un contesto geografico e settoriale più ampio rispetto a quello che è abitualmente contemplato dai prodotti delle SGR Italiane.

Da un punto di vista di universo dei fondi/SICAV da analizzare, per un gestore di portafogli di dimensioni medio/piccole, si ritiene che 5/6 brand, con un corrispondente catalogo prodotti di 150/200 strumenti di investimento, dai quali estrapolare 20/25 OICR stabilmente inseriti nei portafogli “puri”, possa rappresentare il limite massimo, oltre il quale diventa difficile esercitare un controllo efficace ed avere una buona conoscenza di tutti i prodotti disponibili.

Parimenti, l’ottimizzazione del tempo dedicato al fund picking e l’esigenza di una rapida reazione ai mutamenti dei mercati hanno imposto di limitare il numero degli indicatori da monitorare. Quelli ritenuti più significativi sono i seguenti:

­       la performance, con arco temporale variabile in funzione delle esigenze di analisi, tra cui, in particolare, l’orizzonte temporale del singolo fondo;

­       la volatilità a 1 anno, annualizzata (Deviazione standard);

­       il tracking error a 1 anno.

­       l’indice di Sharpe a 36 mesi

­       l’Information Ratio

­       la duration (solo per gli OICR obbligazionari).

Non si esclude, con l’affinamento delle tecniche di gestione e con l’implementazione dei supporti informatici, che si possa utilmente ampliare la gamma degli indicatori, ma avendo comunque sempre presente che la crescita delle informazioni disponibili non generi una eccessiva complessità del processo decisionale.

 

Regola nr. 6 FREQUENTI RAPPORTI CON I GESTORI DEI FONDI

In modo complementare rispetto ad un’analisi “sulla carta”, va mantenuto un contatto diretto con i gestori o con i loro tramite, per disporre sempre di informazioni aggiornate sulle scelte operate dai gestori di OICR in tema di asset allocation geografica e settoriale, di duration, di esposizione al rischio di cambio e di credito, ecc. E’ fondamentale evitare che scelte unidirezionali operate sia dal gestore della GPF MM sia dal gestore del fondo possano annullare ovvero amplificare gli effetti di scelte di asset allocation.

Di particolare importanza è la verifica periodica dello “stile” del gestore OICR: un eccessivo scostamento dal benchmark deve essere valutato con molta attenzione ed eventualmente mitigato dall’inserimento nel portafoglio di strumenti con minore TEV (Tracking Error Volatility).

Inoltre bisogna ricevere tempestivamente informazioni sulle modifiche ai team di gestione, in quanti spesso cambiamenti più o meno importanti hanno pregiudicato il buon andamento dei prodotti.

 

Regola nr. 7 INDIPENDENZA RISPETTO AI BENCHMARK

Gli stili di gestione, con riferimento al benchmark, sono generalmente classificati in passivi (se si cerca i minimizzarne gli scarti) e attivi (se la composizione dei singoli investimenti si discosta significativamente da quelli che compongono il benchmark, in quanto il gestore cerca di ottenere extra performance).

Nel caso in esame si preferisce un approccio differente, che si potrebbe definire “indipendente”: lo stile di gestione non è definibile come “attivo” in quanto non si cerca sistematicamente un disallineamento rispetto al benchmark e una assunzione di rischi per ottenere una extra performance; ma non è neanche “passivo”, in quanto la composizione degli investimenti delle singole linee GPF non intende replicare esattamente il benchmark.

Questa “indipendenza” richiede ovviamente che le aspettative della clientela  non siano concentrate su performance della GPF rispetto al benchmark, quanto piuttosto su un risultato assoluto sufficientemente vicino alla performance dei mercati di riferimento, ma con una volatilità contenuta e soprattutto in linea con le aspettative preliminari del cliente. Tutto ciò, comunque, senza adottare tecniche di gestione del tipo asbolute return o hedge fund.

Il benchmark rappresenta quindi effettivamente un “parametro di riferimento”  – piuttosto che un vincolo – per la composizione del portafoglio di fondi. Più in dettaglio, i singoli indici che fanno parte di tale benchmark sono utilizzati a loro volta per definire le scelte di investimento in termini di sovrappeso e sottopeso di singoli fondi o di interi comparti, che da tali indici sono rappresentati.

 

Regola nr. 8 MONITORAGGIO DELLE PERFORMANCE

A questo punto, per completare le principali attività per la definizione del portafoglio GPF MM, è necessario:

­       definire la ripartizione degli investimenti per aree geografiche e per settori economici;

­       ultimare la selezione dei singoli strumenti di investimento ottenuta dall’analisi degli OICR multimanager, precedentemente raggruppati nelle varie categorie di investimento (peer group) secondo la classificazione standard di Assogestioni.

E’ quindi necessario disporre di strumenti informatici specifici, non necessariamente sofisticati e particolarmente onerosi, in grado di combinare tra loro diversi criteri di selezione.

Tali criteri sono rappresentati da indicatori di rendimento e di valutazione del rischio (indice di Sharpe, Standard Deviation e Information Ratio, ecc.) utilizzati sia per la costruzione del portafoglio sia per il successivo monitoraggio. A ciascun criterio di selezione è assegnato un fattore di importanza soggettivo (peso).

Con riferimento al monitoraggio degli strumenti di investimento, attività fondamentale nel processo di gestione di un portafoglio GPF MM, si ritiene che esso deve essere condotto ogni giorno, per consentire una verifica puntuale e tempestiva dei risultati ottenuti. Tale verifica è svolta non solo con la finalità di un confronto con gli indici dei mercato che compongono il benchmark, ma anche e soprattutto per verificare se gli OICR scelti continuano a rappresentare tempo per tempo la migliore combinazione di investimento fruibile tra le molteplici soluzioni che la metodologia multimanager rende disponibili, nel pieno rispetto della visione elaborata su mercati finanziari e macroeconomia.

Per la maggior parte delle attività di monitoraggio risulta sufficientemente efficace l’utilizzo di fogli elettronici Excel o, quando è necessaria una maggiore profondità di analisi,  di specifici software finanziari progettati per gestire portafogli in OICR.

Un esempio di utilizzo di Excel è dato dalla costruzione di una matrice organizzata classificando gli OICR in due livelli distinti, in modo da formare una griglia di dati che sia di semplice ed immediata consultazione.

Nel primo livello di aggregazione, gli OICR vengono associati al benchmark del portafoglio a cui fanno riferimento, in modo da rilevare se gli strumenti scelti hanno un miglior rapporto rischio/rendimento rispetto al proprio mercato di riferimento.

Nel secondo livello di aggregazione gli OICR vengono ulteriormente suddivisi nelle varie categorie di investimento in base al modello di classificazione dei prodotti di risparmio gestito elaborato da Assogestioni (nella versione aggiornata in vigore dal 1° luglio 2003); questa ulteriore ripartizione è particolarmente efficace, in un contesto di “ gestione indipedente”, per tenere sotto controllo sia i rendimenti, che derivano dalle scelte di gestione non coerenti al benchmark, sia i rischi in  termini di duration e volatilità.

Per ciascun comparto, per ciascun indice di mercato/benchmark e per ciascun singolo fondo/SICAV, la matrice riporta i valori dei principali indicatori già visti in precedenza.

Infine, completano la matrice di monitoraggio i dati relativi alla gestione nel suo insieme, ottenuti ponendo a confronto il portafoglio con il benchmark; nello specifico i più rilevanti sono i valori e i relativi scarti riferiti alla performance da inizio anno, alla duration e alla volatilità.

La matrice di monitoraggio dell’asset class azionaria, in virtù della forte volatilità di questi strumenti di investimento, è arricchita con una sorta di “allarme”, che attraverso l’utilizzo di icone, mette in significativa evidenza quando l’OICR ha un minor rendimento, rispetto al benchmark, su diversi orizzonti temporali (una settimana, un mese e da inizio anno); questo sistema di monitoraggio, adottato per suggerire al gestore quando è opportuno prendere in esame la sostituzione dello strumento di investimento, risulta particolarmente efficace in un contesto di normale volatilità dei mercati azionari, viceversa in situazioni di stress può fornire indicazioni poco precise.

 

Regola nr. 9 REATTIVITA’ AI CAMBIAMENTI DEI MERCATI

La limitata capacità previsiva dimostrata in questi anni da parte di molti uffici studi è probabilmente dovuta alla maggiore rapidità con cui, per numerose ragioni su cui in questa sede sorvoliamo, tutti i mercati cambiano le loro tendenze. Ciò ha reso opportuno che il gestore delle GPF MM fosse pronto a valutare prontamente cambiamenti nelle scelte di investimento al mutare dell’andamento dei mercati di riferimento. Questo processo è difficilmente sistematizzabile o riconducibile ad un approccio analitico, per cui è fondamentale, molto più di quanto non avvenga negli altri punti del “Decalogo”, la capacità del gestore di “leggere” i dati macroeconomici fondamentali per le scelte di investimento e di comprenderne l’impatto sui vari comparti.

La tempestività di intervento è fondamentale per correggere prontamente eventuali errori di valutazione, riferibili a investimenti sia in specifici mercati sia in specifici fondi/comparti di SICAV.

 

Regola nr. 10 CONTENIMENTO DEI CONFLITTI DI INTERESSE

Nei confronti dei gestori esterni

Ciò è sicuramente più agevole se la  Banca non controlla né è azionista/promotrice di SGR/SICAV né, tanto meno, fa parte di grandi gruppi bancari con proprie società nel settore del risparmio gestito. La formulazione delle scelte di investimento sui vari OICR deve essere indipendente dalle esigenze di remunerazione delle società di gestione o delle SICAV del “gruppo” e deve quindi privilegiare veramente gli strumenti migliori nell’ambito delle case di investimento convenzionate.

Nei confronti dei gestori interni

Gli incentivi economici attribuibili ai gestori dei portafogli della clientela devono essere basati su risultati di periodi pluriennali. Ciò quindi induce il gestore ad ottenere performance costanti nel tempo piuttosto che performance di eccellenza, ma generate da forti assunzioni di rischio.

 

RISULTATI QUANTITATIVI

Pur senza evidenziare quegli scostamenti citati dallo studio della CONSOB di cui si è riferito in precedenza, tuttavia l’evidenza empirica ha confermato il miglior profilo rischio/rendimento delle GPF MM rispetto alle gestioni “monomanager”.

In particolare si è rilevato che, in fasi di mercato azionario cedente, si registra nelle GPF MM una performance meno negativa, anche se nel caso di mercato azionario in forte crescita i rendimenti, pur positivi, sono spesso inferiori al miglior “monomanager”.

Ovviamente si tratta di un esercizio basato su un periodo di osservazione molto ridotto e con un limitato approfondimento dei dati, ma i soddisfacenti risultati conseguiti rappresentano uno stimolo a perfezionare le tecniche di gestione e potere rendere sostenibili le overperformance su periodi più lunghi.

 

EVOLUZIONE PREVISTA

Alcune linee guida di tale perfezionamento sono già evidenti.

Maggiore focus sull’asset allocation strategica

Da studi condotti su archi temporali pluriennali, è emerso che le performance di un pool di investimenti diversificati sono determinate, nel breve termine, soprattutto dal fattore “timing”, mentre su orizzonti più lunghi aumenta il contributo dei fattori fund picking ed asset allocation strategica.

Quindi in futuro dovranno essere affinati gli sforzi per identificare la migliore asset allocation strategica.

Look-through dei fondi/SICAV

Un’altra dimensione da approfondire è quella del contenuto analitico dei singoli fondi. In teoria il principio della diversificazione potrebbe essere indebolito qualora gli stessi titoli fossero presenti nella stessa misura nei fondi di asset manager diversi, ma di uno stesso comparto. Tale possibilità è particolarmente elevata nel caso di fondi “passivi” e quindi orientati a muoversi in linea con il benchmark e a replicare l’indice di riferimento attraverso i medesimi titoli.

Tale approfondimento conoscitivo, comunemente definito Look-through o X-ray  ha due principali finalità:

  1. Verificare l’effettiva rispondenza dei contenuti del singolo fondo al profilo di investimento dichiarato ufficialmente ovvero far valutare le singole scelte di investimento da parte del gestore.
  2. Ricostruire il portafoglio di investimenti non più come un insieme dei singoli fondi, ma come consolidamento in un unico portafoglio di tutti i singoli titoli inseriti nei singoli fondi.

Sia pure in modo approssimato, questo processo può consentire, per il comparto obbligazionario, di stimare il rendimento effettivo a scadenza e, quindi, ridimensionare la considerazione che gli OICR possono essere valutati esclusivamente sulla base delle performance storiche.

Ampliamento degli indicatori

Pur senza incrementare significativamente la complessità del processo decisionale, sarà opportuno nel futuro ampliare la gamma degli indicatori adottati, che affianchino o sostituiscano quelli attuali.

Modellizzazione

I buoni risultati sono spesso il frutto di un team di gestione che lavora insieme da anni e che ha progressivamente affinato le proprie tecniche di gestione. Un obiettivo importante quello di tradurre questa esperienza in un metodo di lavoro riconducibile ad una vero e proprio “modello”, affinché possa essere fruibile anche da chi non ha partecipato alla sua costruzione.

 

CONCLUSIONE

L’assioma per cui, per leggi probabilistiche o su periodi pluriennali, le previsioni formulate possano dimostrare tutta la loro validità si scontra con un’esigenza di conseguire risultati positivi su archi temporali più brevi e comunque più controllati in termini di rischio /rendimento.

Questa esigenza è particolarmente sentita dalla rete commerciale, sempre in prima linea in questi ultimi anni in cui gli andamenti dei mercati hanno reso particolarmente impegnativo il rapporto con la clientela.

Risulta premiante anche l’indipendenza nelle scelte di investimento. Le GPF MM vedono massimizzato il loro valore se anche i gestori godono di una adeguata indipendenza e sono in grado di  limitare i conflitti di interesse, adottando  quindi comportamenti corretti sotto il profilo etico, oggi fortemente richiesti da tutti gli attori del mercato.

 

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[1] G.Cinquemani-G.Siciliano: Quanto sono grandi i vantaggi della diversificazione? Un’applicazione alle gestioni patrimoniali in fondi e ai fondi di fondi. Quaderni di Finanza n. 47, aprile 2001.  CONSOB,