INTRODUZIONE

La MiFID(Markets in Financial Instruments Directive) affronta in modo globale la disciplina di base applicabile nell’Unione Europea nei servizi di investimento. Un unico atto normativo definisce le norme di riferimento per le trading venues, per le varie categorie di imprese di investimento e per le singole autorità di vigilanza.

Il suo recepimento in Italia trasformerà profondamente il Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria (TUF)[1] e i relativi regolamenti applicativi della CONSOB.

Il confronto puntuale tra le norme attualmente in vigore e quelle della MiFID (e relativi Direttiva e Regolamento di esecuzione), che dovranno essere recepiti in Italia a partire dal 31 luglio 2007 (posticipato rispetto alla precedente scadenza del 31 gennaio 2007), è utile per comprendere i cambiamenti imposti agli intermediari e gli impatti sulle loro strategie e i loro assetti organizzativi.

A questo proposito, una prima considerazione di carattere generale è chela MiFID– nella sua veste di normativa primaria – si presenta più dettagliata del TUF, quasi a livello del citato Regolamento della CONSOB.

Tra le tante novità previste, in questa sede si affronteranno quelle relative alle relazioni con la clientela, trattate nell’art. 19, che prevede  “Norme di comportamento da rispettare al momento della prestazione di servizi di investimento ai clienti”.

Esso trova una parziale corrispondenza nell’art. 21 del TUF, che a sua volta viene dettagliato negli artt. 26 e seguenti del Regolamento Intermediari della CONSOB n. 11522.

Nel presente documento saranno evidenziati i profili maggiormente innovativi e cioè, più precisamente, le modalità applicative dei concetti di adeguatezza e appropriatezza relativi alle regole di comportamento da mantenere nei confronti della clientela “al dettaglio”[2], mentre, per motivi di spazio, non saranno considerate le regole riferibili ai cosiddetti “clienti professionali”[3].

La disciplina italiana ante-MiFID prevede che, “nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati” [4].

Nel medesimo articolo compare il concetto di “adeguatezza”, che però non viene definito in modo diretto; si può arrivare ad una sorta di definizione solo per via indiretta, sulla base delle previsioni in materia di “Operazioni non adeguate”[5], per identificare le quali gli intermediari devono tenere conto dell’interscambio informativo con il cliente[6].

Il corrispondente articolo della MiFID prescrive invece che “le imprese di investimento …agiscano in modo onesto, equo e professionale,per servire al meglio gli interessi dei loro clienti”[7].

 

INFORMAZIONI AI CLIENTI

Disciplina ante-MiFID

Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione, se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate su:

-           la natura

-           i rischi

-           le implicazioni della specifica operazione o del servizio,

la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento[8].

Essi devono inoltre consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari[9].

MiFID

Anche in questo casola MiFID, già a livello legislativo, è più dettagliata. Essa prevede infatti che ai clienti (anche se solo potenziali) le imprese devono fornire “in una forma comprensibile informazioni appropriate:

-           sull’impresa di investimento e i relativi servizi,

-           sugli strumenti finanziari e sulle strategie di investimento proposte; ciò dovrebbe comprendere opportuni orientamenti e avvertenze sui rischi associati agli investimenti relativi a tali strumenti o a determinate strategie di investimento,

-           sulle sedi di esecuzione, e

-           sui costi e gli oneri connessi

cosicché essi possano ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari che vengono loro proposti nonché i rischi ad essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti con cognizione di causa. Tali informazioni possono essere fornite in formato standardizzato.[10]

Il concetto di comprensione della “natura servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari” è esplicitato molto di più rispetto al TUF/Reg.11522. Allo stesso tempo è ugualmente previsto che è possibile fornire tali informazioni in modo standardizzato, facoltà che non è esplicitamente prevista dalla previgente regolamentazione.

 

INFORMAZIONI DA PARTE DEI CLIENTI

Rappresenta, in materia di “norme di comportamento” l’aspetto più innovativo e quello che richiederà agli intermediari una particolare attenzione in fase applicativa.

Una rappresentazione schematica delle principali differenze in materia tra le due discipline è presentata nella Fig. 1.

Disciplina ante-MiFID

Prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell’inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devono chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto stesso, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore[11].

Gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, tenendo conto, come detto in precedenza, dell’interscambio informativo con il cliente e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati[12].

Essi, inoltre, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute[13].

Nulla viene detto su un aspetto importante: la facoltà dell’intermediario di sottoporre queste avvertenze al cliente in un formato standardizzato. La precisazione non è superflua, in quanto in passato la modulistica per la raccolta degli ordini per le singole operazioni prevedeva che tali avvertenze fossero appunto in forma standardizzata; tale impostazione non è stata però confermata dalle sentenze di alcuni tribunali di primo grado, che ha ricondotto tale formalizzazione a “mere clausole di stile”.

 

MiFID

Nella nuova disciplina, questo aspetto viene trattato in modo significativamente diverso, a seconda del tipo di servizio di investimento.

DISPOSIZIONI COMUNI ALL’ADEGUATEZZA E ALL’APPROPRIATEZZA[14]

Nella prestazione dei servizi di investimento, le informazioni riguardanti le conoscenze e le esperienze del cliente o potenziale cliente, nella misura in cui siano appropriate, variano in base alla natura del cliente, alla natura e all’importanza del servizio da fornire e al tipo di prodotto od operazione previsti, nonché alla complessità e ai rischi connessi. Ciò si traduce nell’obbligo che le imprese di investimento, in relazione alla tipologia del servizio offerto o richiesto, ottengano o chiedano quanto segue:

a) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza;

b) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite;

c) il livello di istruzione e la professione o, se rilevante, la precedente professione del cliente o del potenziale cliente.

L’impresa di investimento non incoraggia un cliente o potenziale cliente a non fornire le informazioni richieste ai fini della valutazione dell’adeguatezza e dell’appropriatezza.

L’impresa di investimento ha il diritto di fare affidamento sulle informazioni fornite dai suoi clienti o potenziali clienti, a meno che non sia al corrente, o in condizione di esserlo, che esse sono manifestamente superate, inesatte o incomplete.

ADEGUATEZZA [15]

Secondo la nuova disciplina, il nuovo concetto di ADEGUATEZZA si applica ai servizi di:

-           consulenza in materia di investimenti;

-           gestione di portafoglio.

Nello svolgimento di tali servizi, le imprese di investimento devono OTTENERE, dai clienti o potenziali clienti le informazioni di cui necessitano per comprendere le caratteristiche essenziali dei clienti e disporre di una base ragionevole per ritenere, tenuto conto della natura e della portata del servizio fornito, che la specifica operazione raccomandata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione del portafoglio soddisfi i seguenti criteri:

a)      corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente in questione;

b)      sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento;

c)      sia di natura tale per cui il cliente possiede le necessarie esperienze e conoscenze per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio.

Più in dettaglio, le informazioni riguardanti gli obiettivi di investimento includono:

-           dati sul periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l’investimento;

-           le preferenze in materia di rischio;

-           il profilo di rischio;

-           le finalità dell’investimento.

Le informazioni riguardanti la situazione finanziaria includono dati sulla fonte e sulla consistenza:

-           del reddito regolare;

-           delle attività, comprese le attività liquide;

-           investimenti e beni immobili;

-           impegni finanziari regolari.

Una rappresentazione schematica delle informazioni richieste, in materia di servizi di consulenza e gestione, dalla MiFID e dalla disciplina previgente è riportata nella Fig. 2.

Quando l’impresa di investimento, che fornisce la consulenza o svolge la gestione del portafoglio, non ottiene le informazioni sull’adeguatezza, essa non raccomanda i servizi di investimento o gli strumenti finanziari al cliente o al potenziale cliente.

L’uso dell’espressione “non raccomanda” lascia aperto un quesito con importanti riflessi pratici: l’espressione va intesa come divieto di erogare quel tipo di servizio, in quanto le informazioni sono un requisito necessario per lo svolgimento del servizio, ovvero, intendendo l’espressione più letteralmente, si ricade in un caso di “non adeguatezza” e quindi il cliente, in qualche modo, ricade nelle analoghe fattispecie dell’appropriatezza, di cui al paragrafo successivo.

In occasione del recepimento in Italia della disciplina, sarebbe utile un chiarimento definitivo.

 

APPROPRIATEZZA[16]

Quando prestano servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti o gestione di portafoglio, le imprese di investimento CHIEDONO al cliente o potenziale cliente di fornire informazioni al fine di determinare se il servizio o il prodotto in questione è adatto al cliente, più esattamente, per verificare “se tale cliente abbia il livello di esperienze e conoscenze necessario per comprendere i rischi che il prodotto o servizio di investimento offerto o richiesto comporta”.

Qualora l’impresa di investimento ritenga, sulla base di tali informazioni, che il prodotto o il servizio non sia adatto al cliente o potenziale cliente, avverte quest’ultimo di tale situazione. Quest’avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato.

Qualora il cliente o potenziale cliente scelga di non fornire le informazioni di cui sopra circa le sue conoscenze e esperienze, o qualora tali informazioni non siano sufficienti, l’impresa di investimento avverte il cliente o potenziale cliente che tale decisione le impedirà di determinare se il servizio o il prodotto sia adatto a lui. Quest’avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato.

Una rappresentazione schematica delle informazioni richieste, in materia di servizi diversi dalla consulenza e gestione, dalla MiFID e dalla disciplina previgente è riportata nella Fig. 3.

Dal confronto tra vecchia e nuova disciplina emerge che, in precedenza, era specificato che la raccolta delle informazioni da parte del cliente doveva avvenire PRIMA della stipulazione del contratto.La MiFIDsi esprime in termini diversi, come se valutazione dell’adeguatezza dovesse essere permanente e non solo in fase di apertura del rapporto.

 

FACOLTA’ DI NON RICHIEDERE INFORMAZIONI[17]

Un’ulteriore importante differenza è dovuta alla previsione in base alla quale, quando prestano servizi di investimento che consistono unicamente nell’esecuzione e/o nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente, con o senza servizi accessori, le imprese di investimento possono prestare detti servizi ai loro clienti senza che sia necessario valutarne l’appropriatezza, purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)      i servizi si riferiscono a:

i)       azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato, o in un mercato equivalente di un paese terzo[18];

ii)     strumenti del mercato monetario;

iii)   obbligazioni o altri titoli di credito (escluse le obbligazioni o titoli di credito che incorporano uno strumento derivato);

iv)   OICVM (organismi di investimento collettivo in valori mobiliari);

v)     altri strumenti finanziari non complessi;

secondo un’interpretazione letterale, per gli strumenti diversi dalle azioni, ai fini del presente comma, non è necessaria la quotazione;

b)      il servizio è prestato a iniziativa del cliente o potenziale cliente;

c)      il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l’impresa di investimento non è tenuta a valutare l’idoneità dello strumento o servizio prestato o proposto e che pertanto egli non beneficia della corrispondente protezione offerta dalle pertinenti norme di comportamento delle imprese. Quest’avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato;

d)     l’impresa di investimento rispetta gli obblighi in materia di conflitti di interesse a norma dell’articolo 18 della MiFID.

Uno strumento finanziario che non sia menzionato alla precedente lettera a) è considerato non complesso se soddisfa i seguenti criteri[19]:

a)      NON deve essere uno strumento DERIVATO, cioè un “valore mobiliare che permette di acquisire o vendere tali valori mobiliari o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure”[20], né uno strumento derivato elencato nell’allegato I, sezione C, punti da 4) a 10), della MiFID.

b)      deve essere LIQUIDO, cioè devono esistere frequenti opportunità di cedere, riscattare o realizzare altrimenti tale strumento a prezzi che siano pubblicamente disponibili per i partecipanti al mercato e che siano i prezzi di mercato o i prezzi messi a disposizione, o convalidati, da sistemi di valutazione indipendenti dall’emittente;

c)      NON deve implicare alcuna PASSIVITA’ effettiva o potenziale per il cliente, che vada oltre il costo di acquisizione dello strumento;

d)       deve essere TRASPARENTE, cioè devono essere pubblicamente disponibili informazioni sufficientemente complete e di agevole comprensione sulle sue caratteristiche, in modo tale che il cliente al dettaglio medio possa prendere una decisione informata in merito alla realizzazione o meno di un’operazione su tale strumento.

Una rappresentazione schematica dei requisiti richiesti per evitare la procedura di valutazione dell’adeguatezza è riportata nella Fig. 4.

Il fatto che tutte le avvertenze sopra citate possano avere un formato standardizzato assume una notevole rilevanza, alla luce delle interpretazioni emerse in sede giurisprudenziale sulla modulistica utilizzata dagli intermediari, che non riconosceva la validità delle avvertenze in forma standardizzate.

*  *  *

In conclusione, al termine di questa analisi comparata, si può notare (Fig. 5) come nella MiFID tali richieste siano più articolate rispetto all’attuale disciplina.

Si tratta di un approccio da valutare positivamente, in quanto lascia agli intermediari e ai clienti un maggior numero di opzioni, mirate a soddisfare sia il tipico cliente “fai da te” (execution only) sia quello più propenso alla delega (consulenza e gestione).

Ma che ancora oggi, a pochi mesi dalla concreta attuazione, lascia numerosi aspetti non sufficientemente chiari.

 

DEFINIZIONI

 

Dir.di esec Direttiva 2006/73/CE del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE
MiFID Direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari
Reg. CONSOB 11522 Regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari (adottato dalla Consob con delibera n. 11522 del 1° luglio 1998) e successive modificazioni.
TUF Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58: “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”

 


[1] Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

[2] MiFID, art. 4, paragr. 1, nr. 12.

[3] MiFID, art. 4, paragr. 1, nr. 11.

[4] TUF, art. 21

[5] Reg. CONSOB 11522, art. 29

[6] Reg. CONSOB 11522, art. 28

[7] MiFID, art. 19, comma 1

[8] Reg. CONSOB 11522, art. 28, comma 2

[9] Reg. CONSOB 11522, art. 28, comma 1, lett.b)

[10] MiFID, art. 19, paragr. 3

[11] Reg. CONSOB 11522, art. 28

[12] Reg. CONSOB 11522, art. 28 commi 1 e 2.

[13] Reg. CONSOB 11522, art. 28 comma 3.

[14] Dir.di esec., art. 37, paragr. 1

[15] MiFID, art. 19, comma 4 e Dir.di esec., art. 35, paragr. 1,3,4,5.

[16] MiFID, art. 19, comma 5 e Dir.di esec., art. 36.

[17] MiFID, art. 19, comma 6

[18] Un mercato di paese terzo è considerato equivalente a un mercato regolamentato se rispetta requisiti equivalenti a quelli fissati al Titolo III.La Commissione pubblica un elenco dei mercati da considerare equivalenti. L’elenco è aggiornato periodicamente

[19] Dir.di esec., art. 38

[20] MiFID, art. 4, paragraf. 1, punto 18) lett. c).