Introduzione

Il trust è una figura giuridica di recente introduzione in Italia, ma con una lunghissima e nobilissima tradizione in molti altri Paesi esteri, in particolare in quelli anglosassoni.

Il suo riconoscimento in Italia è avvenuto con modalità del tutto particolari.

Infatti la Convenzione sulla Legge Applicabile ai trusts e sul loro Riconoscimento – adottata all’Aja il 1° luglio 1985 e ratificata dall’Italia con la legge 9 ottobre 1989 n. 364 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1992 – prevede che i Paesi che adottino tale Convenzione riconoscano ogni trust costituito in conformità ad una legge specifica, anche se di un Paese diverso da quello in cui il trust deterrà dei beni o svolgerà la sua attività. Inoltre una serie di sentenze giurisprudenziali e numerose circolari esplicative ed interpretative, in particolare dell’Agenzia delle Entrate, sono via via intervenute a definirne le condizioni di ammissibilità nel sistema giuridico ed economico nazionale, tra cui, per esempio, l’iscrivibilità in pubblici registri di beni in trust o il regime tributario applicabile ai vari soggetti che coinvolti in un trust.

Sull’onda di una prassi sempre più ricca ed articolata, il trust si quindi sta diffondendo in Italia senza che sia alcuna legge di riferimento.

Anche se le applicazioni del trust sono vastissime e talvolta sfuggono alle classificazioni, un diffuso interesse per questo istituto giuridico nasce sicuramente dall’esigenza di una più efficace gestione del proprio patrimonio, che non viene assicurata dai tradizionali e codificati istituti giuridici.

E quindi si è scelto ad esaminare il trust proprio nel suo utilizzo nei rapporti bancari.

 

Definizioni

Per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da un disponente (settlor) con atto tra vivi o mortis causa qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato. I beni in trust sono intestati al trustee (o ad altro soggetto per conto del trustee), ma costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee.

Si genera così una segregazione giuridica dei beni in trust rispetto sia al settlor sia al trustee.

I trusts consentono quindi la tutela di interessi in molti casi in cui gli strumenti civilistici risultano insufficienti.

Il trust non è equiparabile ad alcuna altra figura giuridica prevista dal diritto italiano (es.: società fiduciaria, fondazione, mandato, ecc.)

 

Ipotesi di applicazioni

A partire dal 1996 i trusts hanno trovato molteplici applicazioni in Italia, anche in operazioni che hanno richiesto (ed ottenuto) la iscrizione/trascrizione in pubblici registri mobiliari/immobiliari.

Poiché l’istituto del trust si basa su rapporti fiduciari, in particolare tra settlor e trustee, la Banca ben si presta a ricoprire il ruolo di trustee.

Nell’operatività bancaria, il trust consente di gestire la segregazione di patrimoni mobiliari rispetto sia al settlor sia al beneficiario. Ad esempio per la destinazione di somme di denaro dei cui redditi siano beneficiari figli minori o handicappati, per la  ripartizione di somme tra i cointestatari di un rapporto con modalità differenti rispetto a quanto previsto dalla normativa civilistica, per la costituzione di garanzie in modo tale che la garanzia non si confonda né con il patrimonio del garante né del beneficiario della garanzia stessa.

Come detto, l’introduzione dell’istituto del trust in Italia avviene attraverso la ratifica  della Convenzione dell’Aja dell’1/7/1985. Mancando una specifica disciplina nazionale, l’applicazione del trust in Italia avviene richiamando la disciplina di un Paese estero.

Nel caso di conto corrente bancario, l’esistenza del trust deve essere rilevabile dalla banca con intestazione “[nome trustee] trustee per conto del trust [nome trust]”  ovvero “[nome trust] rappresentato dal [nome trustee]”. Questa seconda soluzione sembra preferibile (vedi sotto).

 

Aspetti fiscali

La prassi negoziale ha individuato una vasta serie di tipologie di trusts che non sollevano problemi di ordine tributario.

Tuttavia ad oggi non esiste alcun riferimento legislativo o regolamentare che disciplini la materia. La fonte più autorevole è rappresentata dalla Delibera n.37 del SECIT dell’11/5/1996, non del tutto condivisa dalla dottrina, in particolare in materia di imposte di donazione.

Alcuni punti definiti dalla dottrina medesima sono i seguenti.

L’atto istitutivo del trust è assoggettati all’imposta di registro in misura fissa (art. 11, parte I del testo unico dell’imposta di registro); l’atto dispositivo dei beni in trust è  assoggettato all’imposta di registro proporzionale del 3%, con esclusione delle somme di denaro e di titoli mobiliari dall’imposta proporzionale (art. 9, parte I); l’assegnazione dei beni ai beneficiari è assoggettata all’imposta proporzionale di registro (art. 1.1 e 2), con diritto alla detrazione dell’imposta assolta all’atto dispositivo.

I conferimenti di beni in trust per testamento è assoggettata all’imposta sulle donazioni (L.342/2000) in quanto “liberalità indiretta”; per l’eventuale successivo trasferimento dei beni a titolo gratuito si applica l’imposta sulle donazioni con detrazione dell’imposta applicata al momento dell’istituzione del trust.

Le modalità di applicazione generale delle imposte indirette di cui sopra presentano alternative in relazione a specifiche casistiche individuate dalla prassi e dalla dottrina, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.

Il trust ha soggettività impositiva ed è classificabile tra “le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti dei quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario ed autonomo” e considerabile quindi soggetto passivo ai fini IRPEG.

Con riferimento ai beneficiari, secondo il SECIT, se il reddito trasferito dal trustee ai beneficiari costituisce reddito imponibile per questi ultimi, al fine di evitare una doppia imposizione, quanto trasferito potrà essere considerato onere deducibile nella determinazione del reddito del soggetto IRPEG-trust, quale ente non commerciale.

I proventi distribuiti dal trust, anche in sede di liquidazione, concorrono alla formazione del reddito complessivo del beneficiario. In particolare, i redditi di capitale percepiti dai beneficiari persone fisiche sono assoggettati ad imposta sostitutiva ed i medesimi redditi sono deducibili dai redditi percepiti dal trust.

 

Indicazioni operative

Operatori bancari e giuristi si sono già cimentati nel delineare le modalità formali attraverso le quali aprire e gestire contratti di natura finanziari riferiti a trusts e trustees.

Premesso che l’ABI – Associazione Bancaria Italiana già nel 1996 ha predisposto uno specifico contratto di conto corrente, di seguito si riportano alcune indicazioni operative riferite a questo tipo di contratto bancario:

  1. Intestare il rapporto: “[nome trust] rappresentato dal [nome trustee]”, assimilando il trustee ad un amministratore. La variazione del trustee non comporta chiusura del c/c, ma solo variazione dello specimen di firma;
  2. Consegnare alla banca l’atto istitutivo del trust, nonché copia di tutti gli atti/eventi modificativi del trust stesso e, nel contempo, rilevanti per il rapporto bancario (si ipotizza la tenuta volontaria di un “libro degli eventi”).
  3. Verificare la legittimità del trust, in particolare rispetto alla Convenzione dell’Aja e alla legge straniera richiamata. La mancanza di questi presupposti potrebbe rendere inefficace l’effetto di “segregazione” dei patrimoni. Si ipotizza che, redigendo l’atto istitutivo del trust per atto pubblico ovvero per scrittura privata autenticata, la banca possa fare affidamento sul controllo di legittimità svolto dal notaio.
  4. L’effetto segregativo del trust rende inapplicabile la compensazione tra il saldo del conto intestato al trust e i saldi dei conti intestati – con altre finalità – alla persone del trustee.
  5. Analogamente il patrimonio del trust non può essere aggredito dai creditori del trustee.

 

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